Fare aprire la cinquantottesima edizione del Festival di Sanremo a Dolcenera e alla sua “Il mio amore unico” è di certo una garanzia, e lei non tradisce le aspettative. La canzone, l’attacco e il seguito non sono malaccio, perlomeno non è la sua solita roba.
Fausto Leali con “Una piccola parte” arriva subito dopo e nonostante la sua bravura e la sua sicurezza, il brano pare da subito banale e già sentito.
Tricarico lo attendevo con curiosità e non mi ha delusa: sembra essere migliorato nel canto e nella sicurezza sul palco, e la sua “Il bosco delle fragole” mi è piaciuta molto, mi ha divertita.
Il vincitore dell’ultima edizione di “Amici”, Marco Carta, si presenta sul palco vestito da pinguino, e la sua melodica “La forza mia” – niente di nuovo e originale – inizia arrancando ma riprende aria sul finale. La voce ce l’ha, l’esperienza e una buona dizione arriveranno con il tempo.
Patty Pravo è sempre elegante e raffinata (anche se, se così fosse, probabilmente non sarebbe ricorsa alla chirurgia estetica rifacendosi il volto), ma il suo brano non convince, lei – pur sforzandosi –, nemmeno.
Marco Masini è un altro con cui si va sul sicuro: ha esperienza, sa quello che fa, forse un po’ meno quello che dice, visto la banalità del brano e la bruttezza di alcune frasi del tipo “Comunisti presunti e no” e “L’Italia che rimane tra i pali come Zoff”.
“Uomo senza età” di Francesco Renga non è propriamente una canzone. Non ha la struttura per esserlo, ma lui è irresistibile e ha un forte carisma, perciò per me questa “se l’è portata a casa”.
Di Paolo Belli, Pupo e Yossoud Ndour ho pensato molto a cosa scrivere. Non mi viene in mente niente e forse è meglio così.
I Gemelli Diversi – per i quali ammetto di essere piena di preconcetti –, ho provato ad ascoltarli liberando la mente. Be’, a fine esibizione è rimasta vuota.
E vuota c’è rimasta anche durante l’esibizione di Al Bano che con “L’amore è sempre l’amore” si è portato via una buona esibizione canora ma nulla di più.
E’ come se ci fossero i cantanti ma non le canzoni. E di questo mi dispiace.
“Il paese è reale” degli Afterhours è l’altro brano che aspettavo con ansia e finalmente arriva.
Al primo ascolto ammetto che mi è piaciuto ma non mi ha convinta molto. L’ho trovato un po’ dispersivo per via di una prima parte cantata da Agnelli senza musica, poi per via di Gabrielli – per l’occasione, direttore dell’orchestra – che si muove dalla sua postazione per incitare meglio sia gli After sia l’Orchestra a fermarsi e battere le mani per un paio di battute. Loro non avevano bisogno di conquistarmi, e infatti mi sono piaciuti molto. Il brano avrò modo di apprezzarlo meglio nelle prossime serate.
“Ti voglio senza amore” è stata cantata egregiamente dalla sua interprete, una posata ed elegante Iva Zanicchi che però non mi è arrivata.
Nicky Nicola e Stefano Di Battista li metto dalla parte di quelli “bravi ma non la canzone non c’è”, mentre metterei in castigo Povia e “Luca era gay”. Tematiche affrontate a parte, mi è sembrato – e non solo a me, vi assicuro che in sala stampa siamo stati dello stesso parere in diversi – un po’ troppo simile al Cristicchi di “Ti regalerò una rosa”.
Sal Da Vinci e “Non riesco a farti innamorare” proprio non mi sono piaciuti: ne lui ne la canzone.
Alexia e Mario Lavezzi vanno a fare compagnia a Nicolai-Di Battista.
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